Antonio Moncada
Antonio Moncada
Nel 1453, il conte Guglielmo Raimondo, quasi cinquantenne, sposò Giovanna Ventimiglia, ma i due non ebbero figli e alla sua morte, avvenuta nel 1465, la contea sarebbe dovuta passare ad uno dei suoi fratelli. Però il secondogenito, Castone, era già morto ed il terzogenito, Antonio, come abbiamo già detto, era domenicano e non avrebbe potuto possedere alcuna proprietà.
Immediatamente il cugino di Paterno, Giovan Tommaso, rivendicò di essere il solo legittimo erede cui spettava la contea di Caltanissetta e presentò la sua candidatura alla Corte spagnola, ma Antonio lasciò l’abito religioso, sposò la nobile spagnola Stefania Desfar e mise al mondo una bambina, che venne chiamata Contissella, come la nonna.
A questo punto, l’11 novembre 1466, diciassette mesi dopo la morte del conte Guglielmo Raimondo, tra i due cugini, Antonio di Caltanissetta e Giovan Tommaso di Paterno, venne stipulato un accordo: Antonio sarebbe divenuto il terzo conte di Caltanissetta, la piccola Contissella avrebbe sposato il figlio di Giovan Tommaso, che aveva il nome dinastico di Guglielmo Raimondo, in modo da riunificare i due rami della famiglia di Caltanissetta e di Paterno, e costituire così un unico immenso stato feudale che andava dalle fertili pendici dell’Etna alle grandi distese a frumento della Sicilia interna.
Quando venne firmato il patto matrimoniale, Contissella era ancora in fasce e Guglielmo Raimondo era un bambino; la promessa stipulata dai loro genitori sarebbe stata mantenuta dopo diversi anni. Intanto, nella seconda metà del secolo, la città si ingrandiva: il numero degli abitanti era di circa 4.000 e si costruivano palazzotti, chiese e strade.
Non si conosce esattamente il periodo in cui venne fondato nel centro della città antica il convento di San Domenico con la grande chiesa, in cui era venerata la Madonna del Rosario. A causa della perdita della documentazione precedente, il primo documento che cita i Domenicani a Caltanissetta risale al 1475, ma la fondazione si potrebbe far risalire alla prima metà del secolo, forse proprio in coincidenza con la vestizione dell’abito dei Domenicani da parte di Antonio Moncada. Certo, Antonio prescelse la cripta della chiesa di San Domenico come luogo di sepoltura, forse un gesto di riparazione da parte del conte verso l’ordine a cui apparteneva e che aveva dovuto abbandonare.
Anche i suoi successori, per più di un secolo, continuarono ad essere seppelliti in quello stesso luogo, mentre la borghesia nissena e i piccoli notabili locali sceglievano come sede per la propria sepoltura la chiesa dei Carmelitani dedicata a Maria Annunciata.
Alla morte del conte Antonio, avvenuta a Caltanissetta nel 1479, non vi furono problemi di successione, in quanto era valida la transazione stipulata 13 anni prima. Poiché Guglielmo Raimondo e Contissella erano ancora troppo giovani, ebbe l’investitura come quarto conte di Caltanissetta Giovan Tommaso Moncada, che continuava a risiedere a Adernò. Egli era un letterato, anche di un certo livello nell’ambiente umanistico siciliano.
Il notaio Giacomo de Milana (quello stesso che aveva redatto il testamento del Marrasio) nel 1470 inviò al Moncada due trattatelli di Pier Candido Decembrio – il primo su Giulio Cesare, il secondo su Alessandro Magno – copiati di sua mano in un bellissimo codice miniato.
Fonte: Storia di Caltanissetta – Rosanna Zaffuto Rovello – Edizioni Arbor