Tripoli, la bianca sposa del Mediterraneo – Nino Lacagnina
Il romanzo, scritto in italiano ed arabo, con la convinzione che il primo passo per l’integrazione di cittadini stranieri è la cultura in comune, narra le vicissitudini vissute nella prima infanzia da Nino Lacagnina e dalla sua famiglia quando per sfuggire agli eventi bellici della seconda guerra mondiale, dalla natia città natale di Tripoli (libia), come profughi, per due lunghi anni, dopo una breve parentesi di soggiorno a Caltanissetta, si condussero per vari campi profughi – Napoli, Caserta, Santa Maria Ammalati, Acireale e Siracusa – da dove, infine, s’imbarcarono per Tripoli. Catturati da militari inglesi e arabi furono processati come clandestini e condannati. Nel 1950 lasciarono definitivamente Tripoli per stabilirsi a Caltanissetta. Nel romanzo risalta la grande nostalgia per quella magica terra natia che fa dire al protagonista “cos’è il mal d’Africa se non il ricordo … di un cielo azzurro, luminoso e terso, / un vento odoroso, / un lago d’acqua verde in un’oasi, / una laudata invocazione a Dio da un minareto”. Riferimento anche a quanto avvenuto in Libia nel 1970: confisca di tutti i beni dei cittadini italiani ed espulsione”, perchè ritenuti responsabili delle malefatte del colonialismo nell’indifferenza assoluta dei compatrioti in patria.